Hostile è un film horror post-apocalittico del 2017 che, a onor del vero, ha ricevuto recensioni contrastanti. Ma questo c’interessa il giusto, dato che l’ho nominato soltanto per il titolo e perché nel mondo fittizio descritto dall’opera, un mondo devastato fatto di ruggine, polvere e dolore, esistono degli abomini deformi, letali e spietati, che attaccano senza sosta le persone rendendo il pianeta un posto ancor più inospitale e selvaggio di quanto non sia già di suo.
Ebbene, quello di cui vorrei parlare oggi è questo: l’ostilità. Chi mi conosce sa che sono una persona estremamente diretta e senza peli sulla lingua, soprattutto dal vivo, ma anche una persona che tende ad argomentare in modo logico le proprie opinioni, cercando di scindere ciò che è oggettivo da ciò che è soggettivo, quelli che sono i fatti da ciò che è opinione o gusto personale. Quello della soggettività è un tema a cui tengo molto e di cui ho parlato in varie sedi, sia su queste pagine che – più recentemente – in un lungo articolo uscito su GeekPizza. Proprio alla fine di quell’articolo ho aggiunto però una breve parentesi sul tema di oggi – l’ostilità – perché per me riuscire ad essere empatici, ragionevoli e costruttivi è importante almeno quanto riuscire ad essere obiettivi, informati e razionali.
Chiunque bazzichi anche solo blandamente i social network sa che quello della comunicazione ostile è diventato rapidamente un problema piuttosto diffuso. Basta aver letto qualche articolo divulgativo di teoria della comunicazione o seguire i fatti di cronaca relativi a bullismo e cyberbullismo per notare come non solo esistano ambienti estremamente tossici, ma come addirittura queste situazioni di tossicità rischino spesso di sfociare in episodi ben più gravi di un semplice “vaffanculo” online. Da qualche anno i sostenitori della comunicazione non ostile si sono organizzati e hanno redatto un manifesto, rapidamente diventato la base per altre iniziative (incontri nelle scuole, seminari e via dicendo), nel tentativo di far riflettere tutti coloro che comunicano (soprattutto online) sull’importanza e sulla necessità di evitare comportamenti incivili, maleducati, eccessivamente aggressivi o irrispettosi. Perché anche quando non si sfocia nel reato (calunnia e diffamazione sono i più comuni), un comportamento ostile rimane comunque tossico, spiacevole e distruttivo oltre che fondamentalmente inutile, se non addirittura stupido.
Ai miei occhi, e rimanendo “in topic” rispetto alle intenzioni di questo blog, la cosa più inquietante è stato il constatare che questa ostilità è estremamente presente e intensa anche in ambienti in cui mi risulta ancora più difficile giustificarla, come per esempio nei gruppi o noi forum di cinema, di musica e – ed ecco che arriviamo al punto – di gioco, sia tabletop che digital. Il numero di post e commenti che tendono a denigrare, criticare, svilire gli altri (o i loro gusti, o il loro lavoro, o le loro idee), spesso su base pregiudiziale e senza nessun intento costruttivo sono un numero abbastanza allarmante [1]. Sono sicuro che molti di voi, leggendo queste righe, possano istantaneamente rievocare il ricordo di una discussione estremamente tossica, inutilmente polemica o smaccatamente aggressiva letta in qualche gruppo o community nelle ultime ore. Il che è fottutamente preoccupante.
Questi interventi, lo dico in modo brutale, non servono a niente, se non a denotare arroganza, mancanza di autocontrollo, maleducazione e una profonda mancanza di rispetto per gli altri. Chi li fa non è né figo, né edgy, né “un duro” o “uno che non le manda a dire”: è un maleducato che sopperisce con l’astio alla mancanza di argomenti o che sta sfogando in modo irrispettoso per gli altri una qualche frustrazione. Al massimo è un leone da tastiera con poche idee e ancor meno rispetto per gli altri: si può essere diretti argomentando e discutendo le opinioni senza attaccare le persone, si può esprimere dissenso senza essere aggressivi, si può tacere se di qualcosa non si ha esperienza o conoscenza sufficiente per parlarne. E il mondo andrà avanti lo stesso, anzi, probabilmente andrà avanti meglio.
Spesso ci si dimentica che internet non è un luogo altro dalla realtà, ma è qualcosa che, della realtà, fa parte. E quelle con cui parliamo sono persone come noi, con passioni, emozioni, problemi. Citando un mio amico scrittore, Simone Tempia, “siamo fatti di carne e ossa, qui, dietro a questo schermo”. Quando scriviamo un commento ostile (acido, offensivo, aggressivo), il problema non dovrebbe essere che la persona che ne è bersaglio possa “farci il culo”, magari aspettandoci sotto casa, né che se esageriamo potremmo finire davanti a un giudice. Il problema dovrebbe stare a monte: come mai non abbiamo pensato, come prima cosa, che dall’altra parte potrebbe esserci una persona che, per motivi che non vediamo, per quel commento ci sta male, o viene emotivamente ferita? E badate bene, la “colpa” non è “dei social”, non è dello schermo che si frappone fra noi e gli altri, perché quelli che battono le dita sui tasti siamo noi e nessuno ci sta puntando una pistola alla testa imponendoci di scrivere: i social sono uno strumento ed è come li usiamo che fa la differenza. Sono le cose che facciamo a definire quel che siamo, non ci sono scappatoie di comodo o capri espiatori che tengano.
Io mi faccio sempre queste domande: ho cercato di essere chiaro e costruttivo? Mi sono messo nei panni di chi mi leggerà? E nei panni della persona a cui sto rispondendo? Direi davvero in faccia a qualcuno tutto quello che ho appena scritto? Ma non solo: dato che spesso la “foga” di dire la mia mi farebbe scrivere di getto, mi pongo anche qualche altra domanda preventiva, tipo: sono abbastanza informato per esprimermi? Se la risposta è no, io non devo scrivere le mie opinioni, devo porre educatamente delle domande. Ancora: su un dato argomento ho dei pregiudizi? Se la risposta è sì, cerco di identificarli e di “reagire”, per non cadere preda dei bias di conferma, che renderebbero inutile la discussione (in primis proprio a me).
Se parlo di ostilità è proprio perché io tendo ad essere diretto, ad avere un umorismo un po’ black che a qualcuno può dare fastidio, ad abusare del sarcasmo, a non farmi problemi nell’usare il turpiloquio quando penso che “sia utile”, a difendere così convintamente le idee che penso di aver maturato in modo ragionato e informato da passare per arrogante. Sono fatto così, ne sono conscio, ma non vuol dire che non possa impegnarmi ogni giorno per essere una persona migliore e per avere comportamenti utili, costruttivi e empatici anziché fare lo stronzo una parola su due. Soprattutto se non conosco chi ho davanti cerco di sempre di impormi di essere assertivo e collaborativo, di informarmi prima di parlare se penso sia necessario, di non prendere le discussioni sul personale, di capire se chi ho davanti mi sta davvero attaccando o se ho frainteso prima di rispondere, di ammettere eventuali errori e di chiedere scusa se mi sbaglio.
Penso che se tutti ci sforzassimo di avere un atteggiamento costruttivo e non ostile, se ammettessimo di non sapere quel che non sappiamo, se chiedessimo prima di giudicare e se ci mettessimo un po’ di più nei panni altrui, sarebbe meglio per tutti. E badate bene, non sto dicendo di diventare dei Mahatma Gandhi dei giochi da tavolo, io sono un sacco di cose ma di sicuro non sono un asceta illuminato e se qualcuno passa il segno mi concedo di rispondergli per le rime, anche se cerco di farlo sempre portando argomenti.
Ma, da qualche tempo, seguo un semplice schema mentale che mi aiuta a rimanere lucido e costruttivo.
Ve lo lascio qui, anche solo come spunto di riflessione.
1. Se non conosci bene l’argomento, taci o o chiedi informazioni.
2. Rispetta le persone, discuti le idee. Cerca sempre di capire il punto di vista altrui e, se non ti è chiaro, chiedi spiegazioni.
3. Prima trova i punti di contatto, poi replica alle critiche costruttive. Se ci riesci, ignora gli attacchi fini a sé stessi e le polemiche gratuite.
4. Fai almeno un tentativo di chiedere a chi è ostile di smettere di esserlo. Blocca o evita senza rimorsi chi porta solo ostilità in una discussione o in un ambiente.
5. Rimani civile. Se è assolutamente necessario rispondere per le rime (per esempio a un’accusa infamante), non scendere al livello del tuo interlocutore e rimani sempre entro i limiti della decenza.
Su tutto, la regola d’oro: se hai perso le staffe, non scrivere niente prima di esserti calmato completamente.
Sia chiaro, pure io m’incazzo come una vipera quando mi fanno girare le palle. E non mi perito a usare una parolaccia ogni tanto, quando ci vuole. Come dicevo, non sto dicendo a nessuno di diventare un santo, anche perché sarebbe abbastanza paradossale che uno col mio carattere invitasse qualcun altro a diventare un orsetto del cuore partendo dall’attitudine alle relazioni sociali di un Cenobita. Ma mi sforzo di empatizzare, di capire e di ammettere se sbaglio o se prendo un granchio.
E, se ce la posso fare io, ce la può fare davvero chiunque.
Buona giornata, buone chiacchierate e buon gioco a tutti.
[1] Per esempio, in un recente post relativo a un’influencer che ha partecipato a una campagna pubblicitaria per conto di un noto editore, circa un commento su cinque era apertamente ostile: critiche non argomentate o pregiudiziali, insulti più o meno velati, commenti apertamente sessisti. Sarò sensibile io, ma a me “uno su cinque” sembra un’enormità.
Sposo ogni parola, ma aggiungo che questo non è un problema recente. Già nel 2001, Kevin Smith nel suo “Jay & Silent Bob: Fermate Hollywood!” propone il metodo più immediato e decisamente radicale per eliminare l’odio da internet (già molto diffuso):
*aprendo un librone
“Sei tu mvaltrianixxx?”
“Sì”
“E nel 2019 hai scritto sul forum ‘Giochi da Tavolo xyz’ che il mio gioco ‘è una vera merda totale’?
“sì, e allora???”
PIM PAM SOCK SDSH
(semicit.)